Sondaggio Cannabis Medica evidenze per un cambio radicale

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Con questo Sondaggio abbiamo presentato giorno 22 febbraio al secondo incontro del tavolo tecnico permanete sulla cannabis medica i dati raccolti dalle più rappresentative associazioni di pazienti Italiani che evidenziano il fallimento della politica sulla cannabis medica in Italia fino ad oggi.

Razionale del Sondaggio

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Questi dati partono dalla raccolta delle adesioni per un corrispettivo del 10% della domanda di cannabis medica stimata in Italia secondo i dati del Ministero della sanità e hanno partecipato 287 pazienti da tutte le regioni italiane.

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Il primo dato che teniamo ad evidenziare è come il 75% dei pazienti sia composto da adulti in una età compresa tra i 27 e i 60 anni.

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Di questi il 54% è a carico del Sistema Sanitario Regionale, imponendo un costo sociale che ad oggi non è internalizzato dalle politiche mediche.

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Il 56% dei pazienti che hanno risposto al sondaggio utilizza estratti in olio e la seconda forma di somministrazione è la vaporizzazione per il 21% dei pazienti.

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Possiamo notare che il 63% di questi pazienti utilizzano almeno due varietà (strains) di cannabis medicinale.

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In questo caso è da evidenziare come in contemporanea a strain ad alto e medio contenuto di thc vengono spesso associati strain ad alto contenuto di cbd. Questo evidenzia la necessità di introduzione di varietà ad alto contenuto di thc e cdb (per esempio in rapporti 1:1, 2:1, 4:1, 8:1),

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I pazienti in cura, prevalentemente (52%) soffrono di più patologie

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La quantità media consumata nel campione di riferimento del sondaggio è pari a quasi 50 gr (48,79gr) al mese.

Il Ministero stima che il fabbisogno annuale di Cannabis medica sia di 1600 kg per 50 Mila pazienti. Questo dato è largamente sottostimato, come si vede anche dai dati raccolti dalle associazioni in una sola settimana: il fabbisogno annuo effettivo di soli 287 pazienti è risultato pari a 163,3 kg (13,6 kg al mese) quindi già pari al 10% di quanto stimato dal Ministero. 

Ricordiamo che i dati del sondaggio sono stati raccolti in poco meno di una settimana senza pubblicità, senza alcun finanziamento, solo con il passaparola tra una piccola parte dei tesserati delle associazioni.

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Questo evidenzia la totale inadeguatezza e distanza dalla realtà delle stime ministeriali; il Ministero, che negli ultimi 10 anni, è stato annualmente sollecitato a rivedere i dati a rialzo ed è stato incoraggiato a ampliare le patologie riconosciute, rivalutando le stime secondo nuovi parametri, più vicini alla realtà e alle sofferenze dei  malati, non si è tenuto al passo di nazioni entrate nel mercato medico successivamente e che hanno implementato la produzione interna e sostenuto una domanda sempre crescente. I malati, negli ultimi dieci anni, invece, sono stati discriminati, impedendogli l’accesso alle cure, aggravando situazioni di fragilità cronica, attraverso percorsi burocratici ad ostacoli che hanno anche portato all’ abbandono di cure efficaci.

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A supporto di questa visione dei pazienti che sono stati marginalizzati, inascoltati e invisibili alle istituzioni per oltre un decennio, arriva la conferma per cui il 74% dei pazienti, lamenta difficoltà a reperire la terapia

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ed essere stati costretti a modificare le proprie prescrizioni, nella maggior parte dei casi (44%) con varietà legali, ma anche tramite il mercato illegale (10%) e talvolta anche attraverso il razionamento della cura (1%).

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Il 71% dei pazienti lamentano l’interruzione della terapia a causa della carenza dei medicinali;

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il 56% dei pazienti ha provato, sulla propria pelle, una discontinuità terapeutica adeguata, che va da 1 a 3 mesi e il 22% per un periodo superiore ai 3 mesi.

Il sondaggio ha raccolto anche le esperienze dei malati a seguito dell’ interruzione della terapia. 

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La non disponibilità di questo dato per il 25% del campione, è stata interpretata come una ritrosia, riscontrata anche dai contatti verbali intrattenuti con i soci delle associazioni, a rispondere a questo sondaggio, data dalla sofferenza e insofferenza dei pazienti, ad essere considerati malati di serie B.

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A parte la non disponibilità a rispondere, il dato più scontato è la riacutizzazione dei dolori per il 32% dei pazienti. Un dato sconcertante è come il 4% sia dovuto ricorrere ad oppiodi per poter placare i dolori. Il 7% dei pazienti ha visto una ripresa più difficile della terapia (4,37%) e un annullamento dei benefici (3,4%).

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Il 30% delle risposte al sondaggio ha evidenziato difficoltà nel rinnovo della prescrizione.

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Di questi, un terzo (32,18%) lamenta carenza o intermittenza nelle forniture, il 30% una scarsa formazione del personale medico (18,39%) e difficoltà nel processo di prescrizione (12,64%). Una novità negativa recente segnalata, consiste nella riduzione delle varietà prescrivibili (10,34%) quando, come evidenziato in precedenza, la necessità principale sarebbe un aumento delle varietà e delle quantità disponibili.

A questo riguardo, il nuovo bando che ha aperto il mercato italiano per soli 90 Kg, ad una azienda australiana, chiudendo le forniture verso la Germania con la varietà Aurora Pedanios è un altro smacco alla continuità terapeutica e una apertura scarsa verso un mercato sempre crescente che non può più essere stimato sulla base delle evidenze raccolte dal Ministero.

Rinnoviamo, anche alla luce del primo incontro, la necessità di una formazione del personale medico che faciliti l’ accesso alle prescrizioni di queste terapie e che le terapie siano presenti nelle farmacie e non debbano essere cambiate le varietà prescritte con medicinali di qualità differenti.

Serve un nuovo approccio prospettico a questo settore, anche valutando novità in termini di strutture di riferimento nazionali, come un ufficio nazionale sulla cannabis medica indipendente e vicino alle esigenze dei malati. Processi autorizzativi più snelli e meno opachi e discrezionali. Servono nuove figure, anche giuridiche, che possano aggregare pazienti, associazioni di pazienti, coltivatori, medici, farmacisti.

Serve convocare le Regioni per uniformare il trattamento dei pazienti a fronte di un trattamento non omogeneo e rivedere la modalità di prescrizione per il piano terapeutico al passo con i tempi attraverso una digitalizzazione del processo.

La digitalizzazione del processo può anche essere un nuovo modo per arrivare alla determinazione di nuove stime realistiche del mercato della cannabis e ad uno studio delle applicazioni terapeutiche di questa sostanza.

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